Dominare il fuoco è stata la prima grande conquista dell’uomo agli albori della sua storia: il controllo e l’utilizzo diversificato di questa fonte di energia è stato determinante per il progresso dell’umanità.
Nell’antica domus Romana il fuoco ardeva in un focolare posto al centro dell’unico ambiente che costituiva la casa: il fumo saliva e si disperdeva attraverso un’apertura nel mezzo del soffitto. Questa collocazione permetteva di diffondere uniformemente il calore in ogni direzione, tenendo il braciere lontano dalle pareti, che erano costituite in buona parte da materiali combustibili. L’evoluzione e il miglioramento delle tecniche costruttive permisero in seguito di spostare la combustione a ridosso delle pareti perimetrali, realizzando al contempo un condotto adatto a smaltire i fumi.
Dalla fine del Medioevo il confinamento del fuoco avvenne con un metodo che rimarrà pressoché invariato per i secoli successivi, rappresentando, il suo uso improprio e i suoi difetti di costruzione, il maggior rischio d’incendio nelle abitazioni. Il sistema raggiunse un buon livello di sicurezza e di efficienza tecnica agli albori del XX secolo, per subire in seguito un rapido declino con l’avvento di nuove conquiste tecnologiche nella produzione del calore per ambienti. Il camino fu così relegato negli anni del boom economico, a una funzione sussidiaria e ornamentale.
La sua riscoperta per un utilizzo domestico come fonte di calore è relativamente recente, dovuta sia alla possibilità di sfruttare una fonte di energia rinnovabile a basso costo in un momento di crisi economica, che all’evoluzione tecnologica che ne ha migliorato l’efficienza energetica. Il nuovo utilizzo su larga scala del camino ha determinato tuttavia anche il ritorno all’attualità degli incendi che si originano da tale fonte. Basti ricordare che nella sola provincia di Brescia i Vigili del Fuoco hanno effettuato interventi per incendi al tetto in 518 casi nel 2014 e in 403 nel 2015 di cui oltre il 70% (358 nel 2014 e 294 nel 2015) hanno avuto origine dalla canna fumaria (dati forniti dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Brescia, che vivamente ringrazio).
Si tratta quindi di un argomento di grande attualità che interessa sotto vari aspetti l’attività del Loss Adjuster.
Il Collega Riccardo Falco tratta in modo specifico e circostanziato il tema tecnico delle cause degli incendi che originano dai camini, per cui rimando alla lettura del suo interessante articolo per un approfondimento in merito. Intendo in questa sede trattare l’evoluzione normativa che, accompagnando quella tecnologica, ha determinato rilevanti conseguenze. Dobbiamo distinguere preliminarmente tra le norme di riferimento per i materiali da costruzione, da quelle che regolamentano l’attività d’installazione degli impianti. E’ su questo secondo punto che, come vedremo, si definiscono le maggiori implicazioni ed effetti anche in tema assicurativo.
Come sopra accennato le tecniche costruttive si sono evolute, per cui si è reso necessario fissare condizioni armonizzate per la commercializzazione in ambito europeo dei materiali da costruzione. A questo scopo è stata emanata la direttiva 89/106/CEE (nota come CPD: Construction Products Directive) recepita in Italia nel 1993. La norma è stata poi aggiornata in quanto dal 1º luglio 2013 è entrato in vigore il Regolamento Europeo 305/2011 che ha abrogato la CPD 89/106 e introduce la Dichiarazione di prestazione o Declaration of Performance, ovvero il documento obbligatorio che accompagna la marcatura CE dei prodotti da costruzione. Questo per quanto attiene in linea generale alle norme cogenti sui materiali da costruzione; vi sono poi numerose norme tecniche di indirizzo, tra le quali cito qui solo la UNI EN 1443 del 2000.
E’ però nella determinazione dei soggetti abilitati alla realizzazione dei condotti fumari avvenuta negli ultimi anni, la più importante innovazione normativa, che ha determinato un cambiamento che possiamo definire radicale. Per comprendere appieno questa “rivoluzione” dobbiamo partire dalla legge nr. 46 del 1990 che, introducendo una nuova normativa per la sicurezza degli impianti, ne circoscriveva l’ambito applicativo a quelli “.. di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso” (ex lege 46/90 art. 1 c). Erano quindi esclusi gli impianti termici a combustibile solido, ossia quelli più a rischio in relazione al problema d’incendio del camino. La realizzazione dei condotti fumari era appannaggio, conformemente all’antica e tradizionale tecnica costruttiva, degli addetti edili, mentre i tecnici impiantisti si occupavano degli impianti tecnologici (idrosanitario, elettrico, ecc).
Tutto cambia con l’entrata in vigore del DM 22.1.2008, n. 37, che novella la legge 46/90, riordinando le disposizioni in materia d’installazione degli impianti all’interno degli edifici. L’ambito di applicazione è così esteso (DM 37/2008 art. 1, comma 2, lettera c) agli “ impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura e specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali”. Si attua dunque un mutamento che incide su tecniche di costruzione e di abitudini secolari: non è più l’addetto edile la figura che realizza i condotti fumari in un edificio; la materia diviene di competenza di un “impiantista” che abbia ottenuto l’apposita abilitazione secondo il disposto dell’art. 3 del DM 37/2008. Gli impresari edili non sono dunque abilitati all’installazione delle canne fumarie, nonostante una consuetudine consolidata nei secoli. Le abitudini radicate sono però difficili da mutare per cui – soprattutto nei piccoli cantieri – è ancora in uso che i condotti fumari siano messi in opera dagli addetti dell’impresa edile, con conseguenze rilevanti per i profili di responsabilità che da questo derivano e con notevoli ripercussioni anche nell’ambito peritale / assicurativo.
L’errore nella messa in opera di una canna fumaria può determinare un sinistro che ha origine in una “condotta” ma questo avverrebbe in un tempo successivo alla posa, mentre la classica garanzia R.C.T. dell’impresa edile opera con riferimento a danni che sono conseguenza immediata di un “evento”, ovvero si determinano durante lo svolgimento del lavoro.
Realizzando un condotto fumario, l’imprenditore edile opera quindi fuori dal perimetro del rischio che, assicurandosi, ha trasferito all’assicuratore e in ogni caso non gode di alcuna garanzia dato che la sua polizza non opera con riferimento agli eventi postumi. Tutto questo accade con riferimento a sinistri in cui è l’Assicuratore diretto che liquida un danno da incendio al tetto ed è – oggi più che in passato – sollecito ad agire in surroga ai diritti del suo assicurato, verso il responsabile civile.
Per concludere torna alla memoria l’affermazione pronunciata nel XIX secolo dal giurista von Kirchmann per cui “ … tre parole del legislatore ed intere biblioteche diventano carta straccia”: non è tanto il conflitto tra il diritto positivo – inteso come regola imposta – e il diritto vivente che ha fonte nella consuetudine, che qui ci interessa, ma prendere coscienza dei cambiamenti per essere pronti ad adeguarci ad essi.
È questa la sfida che oggi, come categoria professionale, affrontiamo.
Piero Bera